Che cos’è la depressione post partum?
a cura di Catia Pugi, insegnante AIMI e conduttrice del corso di aggiornamento “Depressione post partum e comunicazione attraverso il con-tatto”
E’ noto che l’evento della nascita è, in genere, previsto e atteso dalla gestante come la massima realizzazione della propria femminilità, ma, non raramente, già nel corso della gravidanza, si verificano sia profonde modificazioni somatiche che una serie di importanti mutamenti psichici.
Infatti, la raggiunta maternità è stata definita come una fase di “crisi” i cui cambiamenti possono compromettere l’identità della donna, generando in lei una profonda confusione che richiede una riorganizzazione degli spazi interni ed esterni, sì da creare nella mente uno spazio adatto a contenere l’idea di un bambino e di se stessa come madre .
Diversi studi epidemiologici indicano che la depressione post partum colpisce fra il 12% e il 20 % delle neo mamme e di solito si manifesta dopo 4 settimane dal parto e la sintomatologia diventa ingravescente con manifestazioni cliniche a partire dal 5° mese. La neo mamma presenta un umore depresso, irritabilità, facile al pianto, mancanza di piacere e interesse nelle abituali attività.
La difficoltà del primo periodo
Nell’ immaginario comune, l’arrivo di un bambino corrisponde sempre ad un periodo idilliaco, nel quale
la madre deve sapere istintivamente cosa fare e gli unici sentimenti ammessi sono di felicità e totale appagamento.
Non si accetta ciò che, invece, rappresenta delusione, frustrazione, tristezza. Addirittura, è la madre la prima a pensare di non avere diritto di provare questi sentimenti, se ne vergogna e anziché chiedere aiuto, tende ad isolarsi e a soffrire in silenzio oppure a mostrarsi superperfetta e
iperprotettiva con il bambino. Quest’ultima tipologia di madri, sono le più ambigue perché mostrano una “maschera” che a loro non appartiene, negando a se stesse e agli altri sentimenti negativi e le difficoltà di spesso questo cambiamento comporta.
In genere, nella società odierna, si assiste, allo sbilanciato atteggiamento, di prestare una maggior attenzione al momento della gravidanza, del parto e dell’allattamento e non altrettanto alle
emozioni e ai turbamenti della madre.
Che cos’è il baby blues?
Eppure, è ben noto, che un certo numero di donne, nei giorni immediatamente successivi al parto, manifestano un
disturbo dell’umore, una combinazione di malinconia e ansia conosciuta come
maternity blues che in genere si risolve nel giro di poche settimane.
Il
baby blues viene sperimentato dal 70 - 80% delle puerpere ed è caratterizzato da una certa
instabilità emotiva nei giorni subito successivi al parto. Non è un vero e proprio stato patologico e di solito tende a rientrare nel giro di un paio di settimane.
Le evidenze scientifiche hanno messo in luce che il periodo del
puerperio può rappresentare per la donna un evento molto stressante, connotato da marcati cambiamenti (fisici, ormonali, psichici, etc.) e di conseguenza potrebbe essere un periodo ad alto rischio per la psicopatologia depressiva con un significativo impatto sul bambino, sulla
relazione madre-bambino e sull’intero sistema familiare.
Le differenze fra depressione post partum e baby blues
La depressione è un grave disturbo del tono dell’umore e secondo la letteratura scientifica internazionale, è stata categorizzata all’interno di quadri clinici che variano per frequenza, livelli di gravità ed effetti a breve e a lungo termine che vanno oltre il già citato
Maternity blues, quali ad esempio, la
Depressione perinatale, la Depressione post partum, la psicosi post partum, il
Disturbo post traumatico post partum ecc.
Quando siamo in presenza di una psicopatologia puerperale pre-post partum questa gioca un ruolo deleterio nello sviluppo di una sana relazione madre-bambino, influenzando in modo negativo lo stato emotivo, cognitivo e relazionale del figlio. Il rischio che ciò avvenga è direttamente proporzionale al protrarsi del periodo di disturbo della madre.
Quali azioni caratterizzano un disturbo dell’umore?
Almeno due sono le tipologie affettive relative ai comportamenti materni:
• uno stile ritirato in cui
l’indifferenza della madre provoca nel bambino confusione, tristezza, disorientamento e passività;
• uno stile intrusivo caratterizzato da un atteggiamento invadente, nervoso e uso di
azioni brusche nei confronti del figlio che reagisce a tali comportamenti con reazioni difensive come rabbia e ostilità.
E il massaggio infantile può essere un aiuto?
Le madri hanno spesso difficoltà a rapportarsi al proprio figlio per mancanza di rispetto dei suoi ritmi e di corretta decodificazione dei
segnali inviati dal bambino ai quali non rispondono in modo congruo.
Durante i corsi di
massaggio infantile AIMI l’insegnante si pone come facilitatore della relazione e aiuta i genitori a comprendere meglio il proprio bambino e comunicare con lui.
Essere in grado di
comprendere i segnali del proprio bambino può aiutare ad aumentare e/o rafforzare
la capacità genitoriale anche in coloro che provano qualche difficoltà nel gestire la cura dei propri bambini.
Una richiesta di aiuto invisibile e silente
Nonostante le conseguenze negative che il disturbo del tono dell’umore possa avere per la madre, per lo
sviluppo del bambino e la loro interazione, non sempre risulta ascoltata o valutata nella sua gravità, per il fatto che non sempre si presenta con sintomi evidenti e inequivocabili. In soggetti a personalità particolarmente introversa, la
richiesta di aiuto può risultare addirittura invisibile. Risulta infatti importante la prevenzione basata
sull’empowerment delle capacità personali e sullo
sviluppo del senso della genitorialità, oggi resi più difficili da acquisire in una società caratterizzata da un sistema familiare per lo più nucleare e con legami sociali più allentati rispetto al passato.
Da qui l’esigenza di corsi di assistenza al puerperio che tengano conto anche di questo disagio, come i corsi di
massaggio infantile, che possono aiutare e sostenere lo
sviluppo fisico ed emotivo dei neonati e dei bambini e allo stesso tempo aiutare e
sostenere i genitori.