E il papà?

E il papà?
Riflessioni nate in gruppo…

La vita da papà inizia ben prima di tagliare il cordone ombelicale in sala parto o di appendere un fiocco rosa o azzurro al portone di casa. Diversi studi sulla vita prenatale dimostrano che il rapporto con i genitori si costruisce già nel pancione e che il padre riveste fin da subito un ruolo fondamentale.

Immerso nel liquido amniotico, infatti, il bambino percepisce i suoni come stimoli sonori e tattili insieme: vibrazioni indifferenziate che percorrono tutto il suo corpo massaggiandolo. La voce del padre ha un potere tranquillizzante sul feto, così come il suo tocco. Spesso quando il papà appoggia la mano sulla pancia della mamma, il bambino che si muoveva fino ad un attimo prima si ferma: è un segnale di attenzione sul piano percettivo e relazionale. È la prova di un desiderio di cominciare a instaurare un dialogo con il papà.

La ricetta tradizionale di una buona paternità un tempo era semplice: lavorare sodo fuori casa, proteggere la famiglia, pianificare il futuro, insegnare a distinguere il bene dal male attraverso la disciplina. Un padre che eseguiva questi compiti con regolarità e coerenza poteva sentirsi tranquillo, non ci si aspettava altro da lui.

Così, se la madre, secondo gli schemi classici, era ascolto, accoglienza ed emotività, il padre è sempre stato sinonimo di azione, risolutezza, rispetto delle regole. Il padre insegna i limiti delle che vanno rispettati per diventare parte del gruppo sociale di appartenenza, ma ha anche il compito di promuovere l'autostima del bambino e accrescerne il senso di autoefficacia: più i figli si sentono protetti e più sono capaci di staccarsi dalla famiglia.

La madre è portata a preoccuparsi della salvaguardia e del benessere del figlio, tende a mettere una mano tra lui e il mondo; interviene quando due bambini si spintonano, limitando ogni tipo di gioco, di lotta, si piazza in fondo allo scivolo o accanto all'altalena (mentre il papà è quello che la spinge), lascia giocare a nascondino "ma a patto di andare dove ti vedo". Pensate al bambino che impara ad andare in bicicletta: la madre gli raccomanda di andare piano, il padre lo sprona a togliere le rotelle. Insomma il papà che legge il giornale mentre il figlio gioca ai giardinetti non lo fa per disinteresse, sta semplicemente rivestendo al meglio il proprio ruolo che non protegge.

C'è oggi una rivoluzione in corso nelle famiglie italiane: anche se in ritardo rispetto ad altri Paesi, i nuovi genitori condividono di più la cura dei figli; sono i padri stessi a sostenere che ormai l'educazione e la cura dei figli non siano più attività riservate esclusivamente alle madri, anche se sulle spalle femminili resta il grosso delle altre mansioni che riguardano la gestione della famiglia.

Il 50% delle donne italiane oggi riconoscono che i loro partner partecipano di più di quanto non facessero i loro padri, alla gestione della casa e dei figli.

Oggi essere padre in modo attivo non è più un modo per liberarsi la coscienza, per dire "do una mano a mia moglie", o per ottenere una gratificazione personale, ma è la via por per ottenere successi educativi per i figli che, grazie a una maggior condivisione, semplicemente crescono meglio. Attenzione, però, che riducendo eccessivamente la distanza emotiva dei figli, il padre non finisca per confondere il suo ruolo diventando più un amico con il quale giocare alla PlayStation che un educatore capace anche, quando necessario, di stabilire delle regole.

La figura del padre viene ristrutturata durante l'adolescenza. Il figlio maschio ha bisogno di questa rottura per costruire la propria immagine di uomo, indipendente e diversa. E persino quella che era l'adorata bambina prodigio si ribella, anche se lo sguardo di ritorno del padre sulla figlia adolescente è importantissimo in un momento così delicato per la messa a fuoco dell'identità sessuale. In apparenza le figlie si disinteressano del suo giudizio, ma in realtà hanno bisogno di un padre che sappia valorizzare la loro femminilità nascente, piuttosto che di uno perennemente deluso che sa solo criticare. Hanno bisogno, insomma, che il papà dica loro che sono belle e soprattutto meritevoli d'amore. Il bambino che cresce senza padre è portato a pensare che gli altri siano ostili e che non ci si debba fidare perché è sempre stato abituato a dover risolvere tutto da solo senza chiedere aiuto.

Insomma la mamma resta sempre la mamma, il papà anche.


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